8 marzo 1990
Benedetto XVI ha incentrato il suo di quest'anno sulla custodia del creato. Gli facciamo eco con una lettera tratta da uno scambio epistolare sull'argomento tra Chiara Lubich e Nikkyo Niwano, fondatore del Movimento Buddista Rissho Kosei-kai. |
Rocca di Papa, 8 marzo 1990
Gentile Signor Niwano,
voglia gradire anzitutto l'augurio di un'ottima salute. Un cordiale saluto anche a tutti i membri della sua famiglia che ricordo con grande stima e ho presente nelle mie preghiere.
Spero che abbia avuto buone notizie della sua nipote Mitsuyo che è ospite di una nostra famiglia a Parigi.
Dall'ottobre scorso, quando ho ricevuto la sua lettera, siamo stati molto occupati nel seguire quei grandi rivolgimenti nell'Est Europeo, che hanno avuto una notevole ripercussione, pensiamo, anche al di fuori dei confini del nostro continente.
Non cessiamo di ringraziare Dio per quanto è avvenuto e soprattutto per come è avvenuto, e cioè, nella maggioranza dei casi, in modo pacifico e senza l'uso della violenza.
Si parla molto, qui, della costruzione di una comune casa europea, ma siamo convinti che questa opera così necessaria non sarà completa se non si penserà ad essa come a un particolare di quel "villaggio globale" che è la Terra in cui viviamo.
Questo pensiero mi è suggerito anche dalla preoccupazione espressa nella sua lettera per le condizioni precarie del nostro ambiente naturale. Lei mi scrive alla fine di un'estate eccezionalmente calda, ma la stessa cosa si può dire anche alla fine di questo inverno il cui clima ha fatto pensare all'effetto serra.
Si stanno infatti moltiplicando le analisi allarmate di scienziati, politici, enti internazionali sul nostro ecosistema. Da più parti si lanciano proposte per guarire il nostro mondo malato.
Un autorevole messaggio è stato quello di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale della Pace, il 1° gennaio del 1990, dedicato interamente al problema del degrado ambientale. Egli ha detto che "oggi la questione ecologica ha assunto tali dimensioni da coinvolgere la responsabilità di tutti" ed esige "sforzi concordati, al fine di stabilire i rispettivi doveri e impegni dei singoli, dei popoli, degli Stati e della comunità internazionale".
E' urgente, dunque, prima che si arrivi troppo oltre, trovare la strada per uscire da questa crisi. Sono ben contenta, perciò, di poter scambiare le nostre opinioni sulle cause di questi mali e sui rimedi da applicare.
Anche noi, nell'ambito del nostro Movimento, ci siamo sentiti tutti, giovani e adulti, investiti della responsabilità di studiare a fondo il problema e di assumere impegni concreti.
Nell'ultimo Convegno dei Giovani per un Mondo Unito, animato dal nostro Movimento Gen, è stato affrontato a fondo il problema ecologico. I giovani sono particolarmente sensibili a questo argomento e sentono il bisogno di cambiamenti radicali nel rapporto con l'ambiente, nel rapporto fra individui e Stati, nell'uso delle acquisizioni scientifiche. Avvertono inoltre che la salvaguardia dell'ambiente e l'edificazione della pace sono possibili solo se praticati su scala planetaria. Essi sono convinti che per realizzare l'ideale di un mondo unito deve affermarsi il primato dell'uomo sulla scienza e sulla tecnologia. Tutto cioè deve avere come misura il vero bene dell'uomo, considerato come un soggetto e non come un oggetto da sfruttare. Altrimenti il nostro processo economico si trasformerebbe - come è stato detto - nella corsa sfrenata di un'automobile che ha perso il suo guidatore o che non ubbidisce più ai suoi comandi.
Lo sviluppo, diceva Paolo VI, deve essere "per tutto l'uomo e per tutti gli uomini".
Queste parole ci portano al cuore del problema e ci indicano la strada da percorrere. Ma abbiamo bisogno di tutte le nostre risorse spirituali, di tutta la nostra fede nell'amore di Dio, di un grande rispetto per la vita di ogni essere creato e soprattutto di una nuova universale solidarietà fra uomini e popoli, per dare al corso degli eventi una nuova direzione.
Ci dicono i meteorologi che l'atmosfera terrestre è così ben miscelata che anche un inquinamento locale e i suoi effetti si propagano su tutta la terra. Ma questo significa, fortunatamente, che anche un miglioramento locale dell'ambiente si può estendere e dare i suoi benefici a tutto il nostro pianeta.
Parlando a Basilea all'Assemblea Ecumenica Europea, Karl von Weizsäcker che, come lei scrive, ha incontrato a Tokyo in occasione del Premio Templeton, ha detto saggiamente: "Ciò che conta non sono le nostre belle parole pronunciate, ma le azioni che, giorno dopo giorno, compiamo".
Ebbene, si tratta di dare il nostro contributo concreto, anche piccolo, alla soluzione dei grandi problemi. I nostri giovani l'hanno compreso e hanno intrapreso già varie iniziative che esprimono una coscienza ecologica personale e collettiva, sotto molti aspetti, e cioè nell'acquisto di quei prodotti che non hanno un impatto negativo sull'ambiente, nella raccolta dei rifiuti che inquinano l'ambiente e in tutte quelle scelte che nascono da un profondo rispetto della natura.
E' cominciando dai piccoli problemi locali che si forma una coscienza morale in grado di affrontare i problemi su scala mondiale. L'ecologia, in fondo, rappresenta una sfida che si può vincere solo cambiando mentalità e formando le coscienze.
E' ormai dimostrato da molti seri studi scientifici che non mancherebbero né le risorse tecniche né quelle economiche per migliorare l'ambiente. Ciò che invece manca è quel supplemento d'anima, quel nuovo amore per l'uomo, che ci fa sentire responsabili tutti verso tutti, nello sforzo comune di gestire le risorse della terra in modo intelligente, giusto, misurato. Non dimentichiamo che Dio creatore ha affidato la terra a tutti gli uomini e non a un solo popolo o a un solo gruppo di persone.
Questa della distribuzione dei beni nel mondo, dell'aiuto alle popolazioni più povere, della solidarietà del Nord per il Sud, dei ricchi per i poveri è l'altra faccia del problema ecologico.
Se le immense risorse economiche destinate alle industrie belliche e ad una super produzione che richiede sempre più dei super-consumatori, senza parlare dello spreco dei beni nei Paesi ricchi, se queste enormi risorse servissero almeno in parte ad aiutare il terzo mondo a trovare una sua dignitosa via di sviluppo, come sarebbe più respirabile il clima, quante foreste si potrebbero risparmiare, quante zone sarebbero sottratte alla desertificazione e quante vite umane si salverebbero! E pensare che la Commissione per l'Ambiente e lo Sviluppo dell'ONU (Rapporto Brundtland) ha dimostrato che si può ridurre del 50% il consumo pro capite di energia nel terzo mondo, senza conseguenze negative per lo sviluppo e anzi con grandi vantaggi per la salvaguardia dell'ambiente, oltre che per il livello di vita di quei popoli che il sistema attuale rende sempre più poveri, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi.
Eppure, senza una nuova coscienza di solidarietà universale non si farà mai un passo avanti. Ma questa nuova coscienza solo la religione può darla. Ecco, infatti, il compito della religione: illuminare gli uomini sulle vere cause e i veri rimedi dei grandi mali. La Bibbia, con il suo racconto della creazione, ci insegna che solo nell'armonia col piano di Dio la natura e l'uomo trovano l'ordine e la pace. Se l'uomo non è in pace con Dio, la terra stessa non è in pace. Le persone religiose avvertono la "sofferenza" della terra quando l'uomo non l'ha usata secondo il piano di Dio, ma solo per egoismo, per un desiderio insaziabile di possesso.
E' questo egoismo e questo desiderio che contaminano l'ambiente ancor più e prima di qualsiasi altro inquinamento, che ne è solo la conseguenza.
Parlando ai Gen lo scorso anno dicevo loro che è come se gli uomini, in questi ultimi decenni, avessero camminato con delle grandi scarpe dentro il fango, facendolo schizzare dappertutto: nell'atmosfera, nelle acque dei fiumi e del mare, sono stati rovinati gli alberi, degradate molte cose, ammorbato l'aria... Eppure sono state fatte molte scoperte, è avvenuto un grande sviluppo tecnico. Ma al bene si è mescolato il male, perché non ci si è mossi sotto lo sguardo di Dio, non lo si è ascoltato. Adesso tali conseguenze disastrose costringono a vedere la realtà tutti insieme nella prospettiva di un mondo unito: se non si affronta questo problema tutti insieme, non lo si risolverà.
Ma, grazie a Dio, ciò che sta accadendo nel mondo oggi, porta con sé germi di speranza. Stanno cadendo barriere fisiche, geografiche, ideologiche e si creano le condizioni per avvicinare fra loro gli uomini e i popoli. Ma bisogna ricordarsi di Dio e seguire la sua volontà che è quella di fare di tutti una grande famiglia. Bisogna guardare la natura con occhi nuovi. Lei ha descritto molto bene, nel suo libro su Shakyamuni Buddha, quello sguardo illuminato che fa apparire trasfigurati e completamente trasformati tutti gli esseri viventi. Similmente, noi cristiani diciamo che proprio attraverso lo splendore abbagliante della natura possiamo risalire a Colui che ne è l'Autore: Dio, il re dell'universo, il Signore delle galassie, l'infinito. Ed Egli è presente ovunque; è sotto lo scintillio di un ruscello, nello schiudersi di un fiore, in un'alba chiara, in un rosso tramonto...
Questo è dunque un altro grande compito della religione: educare al rispetto della natura, portando gli uomini ad aprire gli occhi sulla presenza di Dio sotto la trama delle cose visibili e a far sbocciare nei cuori l'amore per Lui nella sua immensità, nella sua bellezza, nel suo splendore.
Se si scopre che tutto il creato è dono di un Padre che ci vuol bene, sarà molto più facile trovare un rapporto armonioso con la natura.
E se si scopre anche che questo dono è per tutti i membri della famiglia umana, e non solo per alcuni, si porrà più attenzione e rispetto per qualcosa che appartiene all'umanità intera presente e futura.
Come vede, Signor Niwano, anch'io penso che ci sono nelle nostre religioni le medicine per curare questo mondo malato e riportarlo alla salute, all'armonia, alla pace. Sono certa che i nostri sforzi vanno nella stessa direzione, e che sia utile perciò comunicarci idee, proposte e realizzazioni concrete. Sarà un contributo a fare del nostro mondo una casa degna dell'uomo.