Pubblichiamo la riflessione che l’Arcivescovo di Trento, Mons. Lauro Tisi, ed il Vescovo di Bolzano-Bressanone, Mons. Ivo Muser, hanno offerto durante la Quaresima attingendo alla spiritualità di Chiara ed alla sua “rilettura mistica e innovativa del Crocifisso.

“Guarda le braccia aperte di Cristo Crocifisso, lasciati salvare sempre nuovamente”.

Lo splendido invito di papa Francesco risuona nel messaggio per la Quaresima 2020. Ed è una provocazione bellissima ad andare alla radice del nostro rapporto con il Dio di Nazareth e chiederci fino a che punto siamo disposti a lasciarci salvare da Lui.

Tra chi ha saputo penetrare il mistero di quelle braccia aperte sulla croce c’è una figura chiave del cristianesimo del Novecento: Chiara Lubich, di cui quest’anno celebriamo i cent’anni dalla nascita. Partendo dalle nostre montagne, Chiara ha rilanciato nel mondo la spiritualità dell’unità. E lo ha fatto attraverso una rilettura mistica e innovativa del Crocifisso. Ben lontana da una chiave puramente sacrificale. All’ombra delle Dolomiti, ella matura in sostanza una nuova visione del grande mistero del Cristo abbandonato. «Dio – scrive Lubich – si fa in certo modo “non essere” per amore».

È fondamentale, in quest’ora della storia, soffermarsi sulla questione di Dio. Sbagliarsi su Dio, infatti, è sbagliarsi sull’uomo. Seguendo le tracce della Lubich, capiamo che il Cristo abbandonato è la rivelazione di un Dio che esiste come irriducibilmente segnato dalla fedeltà al dono e all’amore. Una fedeltà che giunge all’apice nel momento del morire di Gesù. Davanti, infatti, alla provocazione “Salva te stesso”, Cristo rimane inchiodato alla croce e così ci rivela chi è Dio: instancabile nel tutelare l’altro, al punto da cancellare se stesso.

Anche oggi abbiamo grande bisogno di capovolgere la narrazione di Dio e sdoganare il Dio di Gesù Cristo che ha nella fedeltà al dono e nella fedeltà all’altro il suo elemento qualificante e irripetibile. Ecco la radice dell’unità, a cui siamo chiamati anche quest’anno a convertirci. Unità non come impegno etico, ma come approdo di salvezza. Nella condivisione, ritroviamo, infatti, la nostra linfa vitale. Mentre la presunzione del bastare a sé stessi è preludio al fallimento relazionale e porta dritti alla solitudine mortifera.

Il Dio di Gesù Cristo apre le sue braccia sulla croce e così facendo dispiega a noi le istruzioni per vivere. Anche noi siamo chiamati ad allargare le braccia: verso di Lui e tra di noi. Quanto più saremo capaci di autentica condivisione, tanto più saremo noi stessi.

Buona Quaresima di fraternità.

 

+ Lauro Tisi                                                                        + Ivo Muser

Arcivescovo di Trento                                              Vescovo di Bolzano-Bressanone