Fino al 2 settembre 1943, sul Trentino non si erano registrati bombardamenti, poi, venticinquemila persone abbandonarono la città e vennero costruiti i rifugi antiaerei (il più grande in piazza Venezia). Fino al 3 maggio 1945 le incursioni aeree causarono in tutto 400 vittime.
Particolarmente grave fu il bombardamento su Trento del 13 maggio 1944 quando si contarono 100 morti.
Igino Giordani, ricordando come Chiara visse quell’evento, così scrive: “Quella notte ella dormì all’aperto, nel parco di Gocciadoro, coi genitori, i quali passarono quelle ore a meditare sul modo come sfollare. Chiara ricordò che aveva promesso al padre spirituale di non abbandonare la città di Trento: donde la sofferenza al pensiero dell’imminente separazione. E pianse dirottamente. I genitori, non sapendo, cercavano di consolarla. Si consolò ricordando il motto Omnia vincit amor (Publio Virgilio Marone). E pregando con gli occhi alle stelle vide passare il carro dell’Orsa. E poco prima dell’alba, quando i genitori obbligati a sfollare presero a radunare le poche cose salvabili della casa, ella dichiarò al padre di non poter partire per la promessa fatta: s’inginocchiò davanti a lui, e lo guardò con gli occhi pieni di pianto. E il padre la benedisse con angoscia assentendo. Ella ripeté il gesto con la madre, la quale però oppose resistenza[1].
I genitori con i sacchi sulle spalle, s’avviarono per la campagna: lei, con l’anima straziata, piangendo s’avviò per la città. Scendendo lungo corso 3 Novembre, all’altezza di via Vittorio Veneto, incontrò una signora. Sembrava impazzita dal dolore e gridava: “Quattro me ne sono morti”. Chiara la consolò e capì di dover dimenticare il suo dolore per accogliere quello dell’umanità.

Note

  1. [1] 1. I. Giordani, Erano i tempi di guerra…, Città Nuova 2007, pag. 71 
Il fumo sulla città di Trento, dopo il bombardamento - archivio Fondazione Museo Storico del Trentino
Torna alla Biografia