“Noi, le nostre compagne, i bianchi, i neri, l’uomo di due secoli fa, quello del duemila, la mamma e il deputato, il contadino e il carcerato, il bimbo e il nonno: ogni uomo venuto al mondo avrebbe potuto vivere la parola di Dio, ogni parola di Dio”[1]

Per molti, una particolare occasione di incontro con Chiara Lubich e la sua spiritualità continua ad essere la “Parola di Vita”: una frase della Sacra Scrittura che, commentata, offre un comune indirizzo di vita e, se messa in partica, genera esperienze, rinnova il quotidiano.

Questo legame vitale con il Vangelo, accomuna già Chiara con le prime e primi compagni di Trento. Vivere secondo l’insegnamento di Gesù, secondo la Sua Parola di Vita, era infatti per loro il modo per rispondere con amore all’Amore di Dio riscoperto, ed era una pratica che produceva frutto, confortava, donava sapienza, suscitava l’unione con Dio e tra i fratelli. Nel 1948 Chiara Lubich scriveva: “Stiamo uniti nel nome del Signore, vivendo la Parola di Vita che ci fa uno. (…) ho pensato all’innesto delle piante, dove i due rami scorzati col contatto due parti vive diventano una cosa sola. Quando due anime potranno consumarsi in uno? Quando saranno vive: cioè quando saranno scorzate dell’umano, e mediante la Parola di Vita vissuta, incarnata, saranno parole vive”[2].

La Parola di Dio meditata e messa in pratica, è un aspetto della spiritualità di Chiara Lubich che suscita un particolare interesse anche tra cristiani di Chiese diverse. La scoperta che i focolarini fondavano la loro vita sulla Bibbia sorprese quel primo gruppo di luterani che nel 1960 incontrarono Chiara Lubich. “Essi pensavano – infatti – a Lutero come a un difensore della Bibbia contro la Chiesa cattolica romana, che non voleva ascoltare la Parola di Dio. Ed eccoli di fronte ad un Movimento cattolico, che viveva secondo la Parola di Vita. Si trovarono subito su un terreno comune, non perché i loro discorsi fossero uguali, ma perché volevano tutti vivere una vita in obbedienza alla Parola”[3].

La Parola, tuttavia, è anche occasione di incontro con fedeli di altre religioni che, anche a partire dai loro testi sacri, si ritrovano per esempio accomunati dalla così detta “Regola d’oro”. Chiara stessa riconosce che, «anche se le nostre religioni sono diverse abbiamo molto in comune e questo ci unisce; la diversità invece ci attrae, ci incuriosisce. […] trovo fratelli uguali, in quanto crediamo in tante cose uguali.  La più importante è la famosa «regola d’oro: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Questa frase è presente nei libri sacri di tutte le più importanti religioni. È, per i cristiani, anche nel Vangelo. Essa vuol dire: tratta bene i tuoi fratelli, abbi tanta stima dei tuoi fratelli, ama i tuoi fratelli. E allora, quando essi scoprono questa frase nella propria Scrittura e io nella mia, io amo, loro amano, ecco che ci amiamo, e questa è la base per iniziare a vivere la fratellanza universale»[4].

Note

  1. [1]

    1.Chiara Lubich, Scritti spirituali/3, Città Nuova, Roma 19963, p. 56

  2. [2]

    2.C. Lubich, “La parola ci fa uno” in “Parola di Vita, Città Nuova editrice, Roma 1975 pag. 66

  3. [3]

    3.E. Robertson, Chiara, Città Nuova, Roma 1978 pagg. 52 -53

  4. [4]

    4.Chiara Lubich LA DOTTRINA SPIRITUALE, Città Nuova, Roma, 2009 pag. 477-483

Riferimenti bibliografici

  • La dottrina spirituale, a cura di Michel Vandeleen, Mondadori, Milano 2001
  • Una via nuova. La spiritualità dell’unità, Chiara Lubich, Città Nuova2002
  • La Parola di Dio, a cura di Florence Gillet, Città Nuova, Roma 2012