“Capimmo l’Eucaristia come generatrice e vincolo di unità; Maria come Madre del bell’Amore e dell’unità; approfondimmo la Chiesa come comunione nell’amore; lo Spirito Santo come l’Amore fatto persona”[1]

“Nell’unità la presenza di Gesù «si sente, si vede, si gode… Tutti godono della sua presenza, tutti soffrono della sua assenza. È pace, gaudio, amore, ardore, clima di eroismo, di somma generosità».

E questi effetti, quest’atmosfera sono frutto dello Spirito di Gesù, che è lo stesso Spirito Santo. E lo Spirito di Gesù Risorto in mezzo a noi fa sì che siamo Gesù, e appariamo anche agli altri sua continuazione, Corpo di Cristo, Chiesa”[2]. Nell’autunno del 1949 Chiara Lubich comprende come, questa spirituale presenza attualizzata di Cristo nel corpo formato da più uniti nel Suo nome, dia vita a cellule vive e “noi dobbiamo creare continuamente queste cellule vive del Corpo di Cristo – che sono i fratelli uniti nel suo nome – per dar vita all’intero Corpo”[3]. Riferendosi al capitolo 18 del vangelo di Matteo, versetto 20, si comprende come non sia necessario un cospicuo gruppo di persone, quanto piuttosto vada posto l’accento sulla presenza di Gesù anche tra soli due, perché si realizzi questa realtà che è Chiesa: “sì, perché noi siamo spesso un piccolo gruppo unito e innestato giuridicamente nell’intera Chiesa di Cristo. Siamo dunque, anche se pochi, chiesa, chiesa viva, per la presenza di Gesù fra noi”[4]. Perché realtà viva, aperta al mondo e in dialogo, è Chiesa in cammino che, come i discepoli sulla strada verso Emmaus, è in compagnia “con quel Terzo fra noi che dà divino valore a tutto il nostro agire. Allora non siamo noi che agiamo nella vita, miseri e limitati, soli e sofferenti. Cammina con noi l’Onnipotente. E chi resta unito a Lui porta gran frutto. Da una cellula più cellule, da un tessuto a più tessuti”[5].

Il dialogo che si apre al mondo, anche con persone di fedi diverse da quella cristiana e con quanti non si riconoscono in un particolare ambito religioso, fa fare esperienza di ciò che è il senso della Chiesa universale e Chiara, riferendosi ai Padri, ricorda che “San Tommaso ha affermato che la Chiesa non va commisurata soltanto sul numero dei cattolici ma, siccome Gesù Cristo è morto per tutti gli uomini, va commisurata sul numero di tutti quelli per i quali è morto, cioè sull’umanità intera. […] Col dialogo si apre a quel “se stessa che è fuori di sé”[6].

Note

  1. [1]

    1.Chiara Lubich, Lublino (Polonia), 19 giugno 1996, in Dottorati Honoris causa conferiti a Chiara Lubich, Città Nuova, 2016, pag. 43

  2. [2]

    2. Chiara Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, Città Nuova, 1994, pag. 84

  3. [3]

    3. Chiara Lubich, in Gesù in mezzo, a cura di Judith Povilus e Donato Falmi, Città Nuova, Roma 2019, pag. 113

  4. [4]

    4. Chiara Lubich, in Gesù in mezzo, a cura di Judith Povilus e Donato Falmi, Città Nuova, Roma 2019, pag. 114

  5. [5]

    5. Chiara Lubich, in Gesù in mezzo, a cura di Judith Povilus e Donato Falmi, Città Nuova, Roma 2019, pagg. 114-115

  6. [6]

    6. Chiara Lubich, in rivista Il Regno – 15 maggio 2001

Riferimenti bibliografici

  • La dottrina spirituale, a cura di Michel Vandeleene, Mondadori, Milano 2001
  • Una via nuova. La spiritualità dell’unità, Chiara Lubich, Città Nuova 2002
  • La Chiesa, a cura di B. Leahy e H. Blaumeiser, Città Nuova, Roma 2018