Un volo in Dio, a cui si abbandona come un bambino in braccio alla madre (Cfr. Sal 131), una bambina evangelica che pone tutta la sua fiducia nel Padre che è Amore.
La testimonianza inedita, scritta negli anni ’80 da Doriana Zamboni, offre una prospettiva particolare allo sguardo sulla consacrazione di Chiara e porta in luce, di quel gesto, una realtà caratteristica. Doriana segue privatamente delle elezioni da Chiara che con il suo lavoro da insegnante contribuisce all’economia della famiglia Lubich. La mattina del 7 dicembre “la vidi arrivare. ‘Sono stata ad una cerimonia’ – mi disse. Infatti indossava un vestito nuovo. Era traboccante di gioia, ma di una felicità tale che la faceva saltare, una felicità tutta sua che non mi spiegò, ma che non mi escludeva. Continuammo la lezione come ogni giorno e nel pomeriggio venne a casa mia per continuare lo studio. Dopo un’ora però le sembrò di scoppiare se non mi comunicava il segreto motivo di quella sua contentezza. Quel giorno era la vigilia dell’Immacolata Concezione di Maria e lei aveva avuto il privilegio di consacrarsi a Dio con un voto, per essere sua per sempre. Era così pervasa da quella divina felicità che pur non comprendendo io quella sua decisione, l’ascoltavo estatica. Non la capivo perché per me un voto equivaleva a convento, a cuffia di monaca, ma vestito religioso e tutto ciò mi ripugnava. Chiara non aveva tutto questo eppure parlava di voto! Anzi mi disse: ‘Sai è come un volo, si lasciano tutte le cose del mondo per lanciarsi in Dio’. Questo mi piaceva poiché quel Dio che avevo conosciuto da lei come amore ora lo amavo anch’io e volevo unirmi a Lui”[1].
A poche ore dalla cerimonia, l’essere “sposa di Dio” che Chiara ha sentito in cuore dopo la Messa, nel dialogo con Doriana, sembra chiarirsi di più. Con l’amica e studentessa, inizia ad esprimere la novità nel suo atto di consacrazione. Con la formula emette un voto, ma la sua consacrazione, era un’altra cosa. “Sì, perché la mia consacrazione non era semplicemente come la formula che ho poi letto davanti all’Eucaristia alzata di fronte a me: ‘Faccio voto di castità perfetta e perpetua’; era un’altra cosa”, un volo. La novità della sua consacrazione si svela e viene compresa nel tempo, alla luce del particolare carisma ricevuto che concentra, in particolare nei primi tempi, Chiara e chi la segue, sull’Amore, “scintilla ispiratrice di tutto quello che si fa con il nome Focolari”[2]. Quel “lanciarsi in Dio” che porta Chiara alla castità, si realizza nell’essere vergine per amore, povera di tutto perché piena di Dio, obbediente, perché nel dono totale di beni materiali e spirituali, vola più in alto rispetto alla dimensione della sua volontà. Un volo in Dio, a cui si abbandona come un bambino in braccio alla madre (Cfr. Sal 131), una ‘popa’ (termine dialettale trentino), bambina evangelica che pone tutta la sua fiducia nel Padre che è Amore. Non solo: è la strada su cui s’incammina per concorrere alla realizzazione di quella pagina di Vangelo per cui sente d’essere nata, perché “tutti siano uno” (Gv 17,21), per l’unità.
Nel giugno del 1980 ad un gruppo di focolarini e focolarine in formazione a Loppiano, Chiara ricorda: “All’inizio del Movimento noi non facevamo voti, facevamo solo la consacrazione a Dio, praticamente il voto di castità senza neanche forse dire proprio “voto”. Avevamo solo questo atto di sposare Dio. E per noi, come dicevo, sposare Dio, e bisogna che resti questo sentimento, non era tanto un voto ma era un volo, lo chiamavamo difatti “il volo”: era staccarci dalla terra, da tutte le creature per unirci decisamente con Dio.
Difatti in quell’epoca ciò che a noi importava era il Vangelo. E nel Vangelo era venuta in massimo rilievo l’unità; la nostra spiritualità”[3].
L’immagine del “volo” è quella che più esplicitamente esprime il “tipo” di donazione a Dio secondo la spiritualità di Chiara Lubich. Un nuovo tipo di risposta alla chiamata Dio, un nuovo tipo di figliolanza, in Gesù. Un nuovo ambiente vitale, quello della spiritualità comunitaria, della spiritualità dell’unità.