Ottobre 2005

MEDIA E ALLEGATI

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“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi “ (GV.20,21)

Parola di vita di maggio 2005

Leggiamo qui un commento di Chiara Lubich alle  forti, impegnative, queste parole di Gesù che ritorna al Padre, e che ci chiede di essere “come” Lui portatori del suo messaggio nel mondo.     

È la sera di Pasqua. Gesù risorto è già apparso a Maria di Magdala; Pietro e Giovanni hanno visto la tomba vuota. Eppure i discepoli continuano a rimanere chiusi in casa, pieni di paura, fino a quando il Risorto viene in mezzo a loro, a porte chiuse, perché nessuna barriera può più separarlo dai suoi amici. 
Gesù se n’era andato ma, come aveva promesso, ora ritorna per restare per sempre: "Si fermò in mezzo a loro"; non un'apparizione momentanea, ma una presenza permanente! D’ora in poi i discepoli non saranno più soli ed il timore cede il posto ad una gioia profonda: "Gioirono al vedere il Signore". 
Il Risorto spalanca i loro cuori e le porte di casa sul mondo intero, dicendo:  

"Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi".

Gesù era stato mandato dal Padre per riconciliare tutti con Dio e ricomporre l’unità del genere umano. Ora tocca ai suoi discepoli continuare l’edificazione della Chiesa. Come Gesù aveva potuto portare a compimento il disegno del Padre perché una cosa sola con Lui, così essi potranno continuare la sua missione altissima perché il Risorto è in loro. "Io in loro", aveva chiesto Gesù al Padre. 
Dal Padre a Gesù, da Gesù agli apostoli, dagli apostoli ai loro successori il mandato non è venuto mai meno. 
Ma anche ogni cristiano deve sentir risuonare nel suo cuore queste parole di Gesù. Infatti "c'è nella Chiesa diversità di ministero, ma unità di missione".

"Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi".

Per adempiere questo mandato del Signore dobbiamo fare in modo che Lui viva in noi. Come? Membra vive della Chiesa, immedesimandoci con la Parola di Dio, evangelizzando prima noi stessi. 
È uno dei doveri di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato "nuova evangelizzazione". "Nutrirci della Parola – ha scritto – per essere ‘servi della Parola’ nell’impegno dell’evangelizzazione: questa è sicuramente la priorità per la Chiesa all’inizio del nuovo millennio", perché "soltanto un uomo trasformato" dalla "legge d’amore di Cristo e la luce dello Spirito Santo, può operare una vera metánoia [= conversione] dei cuori e della mente di altri uomini, dell’ambiente, della nazione o del mondo".
Oggi non bastano più le parole. "L’uomo d’oggi ascolta i testimoni, piuttosto che i maestri – notava già Paolo VI –, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni". L’annuncio del Vangelo sarà efficace se poggia sulla testimonianza di vita, come quella dei primi cristiani che potevano dire: "Vi annunciamo quello che abbiamo veduto e udito…"; sarà efficace se, come di loro, si potrà dire anche di noi: "Guarda come si amano, e l’un per l’altro è pronto a morire"; sarà efficace se concretizzeremo l’amore dando, rispondendo a chi si trova nel bisogno, e sapremo dare cibo, vestiti, case a chi non ne ha, amicizia a chi si trova solo o disperato, sostegno a chi è nella prova. 
Vivendo così sarà testimoniato nel mondo il fascino di Gesù e, divenendo altri Cristo, la sua opera, anche per questo contributo, continuerà.

"Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi".

È l’esperienza di alcuni nostri medici e infermiere che nel 1966 vengono a conoscenza della situazione del nobile popolo Bangwa, che in quel momento è affetto da malattie, con una mortalità infantile del 90% minacciante la completa estinzione. 
Partono per stare con quel popolo e sentono, come loro primo dovere, di continuare ad amarsi vicendevolmente per dare una testimonianza del Vangelo. Amano indistintamente, ad uno ad uno; offrendo un servizio professionale, aprono un dispensario, che presto diventa un ospedale. La mortalità infantile si riduce al 2%. In piena foresta, si costruisce una centrale elettrica, poi un College con le classi inferiori e superiori. Col tempo e vari contributi del popolo stesso, si aprono 12 strade per il collegamento dei villaggi. 
L’amore concreto è coinvolgente: gran parte del popolo condivide la nuova vita, villaggi prima in lotta si riconciliano; le controversie sui confini vengono risolte in armonia; Re di clan diversi stipulano tra loro un patto d’amore reciproco e vivono in fraternità, offrendo – in uno scambio di doni – una meravigliosa testimonianza, un esempio originale e autentico.

 

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