Rapporti di Chiara con Paolo VI
Rocca di Papa, 23 novembre 1977
L’origine provvidenziale dei rapporti con il futuro Paolo VI, quando era sostituto della Segreteria di Stato, e gli ulteriori sviluppi
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Quali sono i tuoi rapporti con Paolo VI prima di essere Papa e adesso come responsabile della nostra Chiesa ?
I rapporti con Paolo VI sono nati tanto semplicemente da questo fatto: Eli, una delle prime mie compagne, è parente del fratello di Paolo VI. E un giorno, nel nostro focolare a Roma, io avevo un po' diramato uno slogan, che poi è una parola che si conosce: "Nulla dies sine anima", "Nessun giorno senza un'anima".
Allora Eli ha pensato, dice: "Come faccio oggi a conquistare un'anima? Ah già, conosco mons. Montini, andiamo da mons. Montini."
Allora Eli è andata da mons. Montini e ha incominciato a raccontare un po' del più e del meno, di quello che si faceva, degli avvenimenti che succedevano. Poi è andata con altre mie compagne; finché mons. Montini dice: "Ma non la potrei io conoscere questa Chiara?" Allora sono stata anch'io.
Io ho subito capito che era una persona eccezionale. E raccontavamo tutto a lui, tutto quello che succedeva. Telefonavamo anche con lui, anche alle 11 di notte una volta; per cui è nata come un'amicizia e una stima. Ciò che ammirava lui nel Movimento era la fede, questa grande fede.
E mi ricordo una volta come mi sono sfogata con lui - ma lui m'ha capita - dicendogli: "Ma vede, monsignore, cosa sono tutte queste bellezze di Roma? Cosa sono tutti questi monumenti, tutte queste opere d'arte, questi mausolei - mi ricordo che ho detto -, cosa sono? Niente di fronte a Gesù in mezzo; niente di fronte a Gesù in mezzo."
E lui acconsentiva, ed era rimasto - ho saputo poi - contento, molto contento di questo. Tant'è vero che, pur essendo sotto studio, lui ci ha procurato un'udienza con Papa Pio XII, il quale ha chiesto, appunto, chi era l'animatrice; per cui ho potuto stringere la mano al Papa, ci ha dato un ricordo e poi siamo andati via.
Diventato Papa ha voluto..., mi ha concesso un'udienza, che io non ho chiesto, gli è stata chiesta da qualcun'altro. E alla prima udienza l'impressione è stata subito molto chiara: quella di non trovarmi più di fronte a mons. Montini, ma al vicario di Cristo, quindi con quello di prima e qualcosa di più.
Lui ha voluto che gli raccontassi a che punto stava il nostro Movimento - era già approvato in parte da Giovanni XXIII -; e quando sono arrivata a raccontargli dei fratelli cristiani non cattolici, lui ho visto che ha prestato una particolare attenzione, molto, molto interessato, e mi ha detto che qualsiasi cosa avessi da dirgli io vada da lui.
E mi ha detto - esponendogli un Movimento così vario, già allora era vario, con tanti Rami, tante diramazioni, che entrava nei conventi di suore, di frati, fra i preti, da tutte le parti, che non poteva essere configurato con nessun'altra opera forse esistente nella Chiesa - lui mi ha detto: "Mi dica tutto, perché qui nulla è impossibile."
Nelle sue parole io sentivo la sapienza, e avevo l'impressione di essere come davanti a Gesù sulla terra; e questa fu un'impressione così forte - io lo ripeto sempre - che ho avuto la netta sensazione che il tetto di quell'ufficio dove il Papa riceve, nel suo studio, non ci fosse, ma che cielo e terra si congiungessero.
Questa fu la prima volta. Poi ci tornai parecchie volte per diversi motivi, e ogni volta, però, anche se andavo per altri motivi riguardanti queste azioni ecumeniche, oppure riguardanti opere riguardanti la Chiesa, sempre avevo da dirgli qualche cosa sul nostro Movimento, perché sempre nuove diramazioni nascevano e quindi avevo bisogno dell'approvazione del Papa.
E lui stesso, personalmente, voleva avocare a sé la cosa e darci lui l'approvazione, senza che passassimo attraverso le Congregazioni, perché noi siamo stati approvati direttamente dal santo Padre.
Intervista a Chiara di Jean-Claude Darrigaud1 per il libro Toute soif a son eau