Una luce per la famiglia
Castel Gandolfo, 29-30 maggio 1998
Il 19 luglio 1967 Chiara Lubich dava vita al Movimento Famiglie Nuove lanciando una consegna: «dare una famiglia a chi l’ha persa, con l’augurio che si svuotassero gli orfanotrofi». In occasione di questo cinquantesimo, si approfondisce quest’anno nel Movimento il contributo del carisma dell’Unità per il mondo della famiglia. Proponiamo un messaggio- più che mai di pressante attualità- al Congresso svoltosi al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo il 29-30 maggio 1998.
Carissimi partecipanti al Congresso di Famiglie Nuove,
vi do il mio cordiale saluto ed un caloroso benvenuto.
Poiché non posso essere ora con voi di persona, desidero farmi presente con un breve messaggio che apra i lavori di questo convegno che ha per tema: La famiglia e la spiritualità dell'unità.
E' un argomento di grande importanza e di estrema attualità. C'è sete di spirituale e di sacro nella nostra società, una sete per la quale l'uomo trova spesso risposte inadeguate se non malsane. D'altra parte, la crisi dell'istituto familiare, in atto da diversi decenni, viene ora sottolineata ed aggravata da fattori di grande turbamento che minano alla radice l'idea stessa di famiglia: ad esempio, le sperimentazioni selvagge di ingegneria genetica, il riconoscimento di ogni tipo di convivenza, ecc. Aumentano gli orfani di genitori vivi, i figli con troppi genitori.
Un senso di smarrimento si diffonde sempre più, insieme ad una profonda preoccupazione sulle prospettive future. E vien da chiedersi: ma cosa sta succedendo alla famiglia? Dove si arresterà la sua caduta? Un dubbio poi affiora in tanti: ma esiste la famiglia, o è solo una forma di convivenza legata ad un determinato modello sociale? E' un'invenzione dell'uomo o è scritta nel suo DNA? E, soprattutto, dove può trovare il progetto per ri-essere se stessa? Chi ci darà risposte al riguardo?
Quando fu chiesto a Gesù di parlare del matrimonio, Egli subito si richiamò a ciò che era "al principio". Egli stesso citò le parole scritte nei primi capitoli della Genesi che narrano la creazione, quasi ad indicare dove avremmo sempre potuto attingere la verità sull'uomo, sulla donna, sul loro rapporto di comunione.
Anche in questi giorni di congresso, quindi, occorre riandare "al principio" per avere le risposte che attendiamo.
"Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gn 1,27). Quando Dio ha creato il genere umano, ha plasmato una famiglia, cioè un uomo e una donna chiamati alla comunione, "a immagine" del mistero d'amore del suo stesso essere; chiamati alla fecondità e all'uso di tutto il creato, "a somiglianza" della inesauribile paternità di Dio.
Alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita, il modello originario della famiglia"1.
E' questo il pensiero che Giovanni Paolo II ha espresso in modo mirabile nella sua Lettera alle famiglie: "Il 'Noi' divino costituisce il modello eterno del 'noi' umano, di quel 'noi' innanzitutto, che è formato dall'uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina"2.
La famiglia quindi, segno, simbolo e tipo di ogni altro disegno di Dio, riflette la Sua vita stessa, la vita della Santissima Trinità: lo Spirito, che unisce il Padre e il Figlio in un rapporto d'amore, unisce nel sacramento gli sposi in una rinnovata partecipazione all'amore trinitario.
Il modello della famiglia dunque esiste, è scritto nel nostro stesso essere persone: un modello comunitario.
Il progetto di vita per la famiglia esiste, è l'amore che lega il "Noi" divino, quell'amore stesso che il Verbo ha portato sulla terra: un progetto comunitario.
E' un modello, in certo modo, inaccessibile. Ma Dio non può averci creato per cose impossibili. Egli ha anche tracciato nei secoli le strade, adatte alla sensibilità dei viventi ed ai segni dei tempi, per arrivare alla piena realizzazione del suo disegno.
In questi giorni si parlerà, appunto, della nostra "spiritualità comunitaria", o "spiritualità dell'unità", applicata alla vita di famiglia.
E' mia convinzione, avvalorata anche dalle testimonianze di tante famiglie di diverse culture, che essa sia talmente adatta alla famiglia, da apparire, in certo modo, "la spiritualità tipica" per chi è chiamato al matrimonio. Come mai? Essa non è vissuta soltanto singolarmente, ma comunitaria¬mente, da più persone insieme.
Accenno solo ad alcuni punti di essa, non solo per evidenziarne le consonanze con molte esigenze degli uomini e delle donne di oggi, ma per mostrare come, seguendola, è possibile conformare la nostra convivenza alla legge del cielo.
Suppone anzitutto la scelta personale di Dio, un "sì" che fonda e costruisce la persona come risposta al progetto particolare da sempre pensato su di lei dall'Amore; un progetto che si sviluppa nel vivere giorno per giorno le Parole di Gesù.
La grazia del sacramento del matrimonio aiuta l'attuazione del comandamento dell'amore reciproco, che, se vissuto con radicalità evangelica, attira la presenza di Gesù tra gli sposi, garanzia di un amore sempre nuovo e aperto al tessuto sociale circostante.
Tutta la vita della famiglia è fatta d'amore, nelle sue varie espressioni e sfumature, ed è un gioco continuo di distinzione ed unità, dove ognuno con semplicità perde se stesso per amore dell'altro, e per costruire così la famiglia come vera comunità, prima cellula della società.
E' un amore quindi che, se illuminato dalla fede, riconosce la sua sorgente nel saper morire per l'altro, come ha saputo fare il Figlio di Dio per noi. Ma sono i suoi segreti profondi e anche di essi si parlerà in questi giorni.
Penso che gli sposi e le famiglie possano saziare, abbeverandosi a questa spiritualità, ogni sete di autenticità, di comunione continua e senza riserve, di valori trascendenti, duraturi, sempre nuovi. Perché è Dio stesso, nel mistero della sua vita trinitaria, che passa e bussa alla loro casa, per accendervi un focolare, per condividere con loro la sua stessa vita.
Auguro a tutti (poiché tutti viviamo in una famiglia) di accogliere questo invito. Allora vedremo veramente risanarsi e rifiorire il mondo della famiglia, e, per esso, la società, l'umanità. Pur in mezzo alle contraddizioni e alle prove di ogni giorno, potremo vivere veramente, come dice il titolo del convegno, tra terra e cielo.
1 Lettera alle famiglie 1,6
2 Ib.