Dietro la Foto
Il 17 settembre 1948, a Montecitorio, Igino Giordani incontra per la prima volta Silvia (Chiara) Lubich. Dirà più tardi: “Tutti i miei studi, i miei ideali, le vicende stesse della mia vita mi apparivano diretti a questa meta… Potrei dire che prima avevo cercato; ora ho trovato”.
Il racconto di Igino Giordani:Chiara Lubich scrive una pagina del suo diario nel 1981, usava spesso una semplice agenda.
Dal 1964 i suoi diari divengono uno strumento per nutrire spiritualmente i membri del Movimento del Focolari. La motivazione della condivisione è sempre l’amore per i suoi: “alcuni focolarini mi hanno detto e scritto che attendono il mio diario. È da tanto che non lo faccio, ma ora per amor loro e per aver in nessuna continua esortazione a proseguire nella mia via, lo riprendo” (26 aprile 1971).
Collana Opere di Chiara Lubich: Diario 1964-1980, a cura di Fabio Ciardi https://chiaralubich.org/portfolio-items/3-diario-1964-1980/Dal 1949 per dieci anni si susseguono nel periodo estivo dei periodi di vacanza che realizzano, al di là di ogni possibile programma, un’ esperienza che si configura come una piccola città in cui vige la legge dell’amore reciproco. Chiara stessa ricorda: “arrivavano tanti altri a trovarci, sì da formare come una piccola cittadella; noi cercavamo case per ospitarli ecc. e tutti imparavano a vivere il Vangelo, ad amare, a chiedere, a dare, e tutti ad essere uno, ad amarsi fra loro, ed era di una grande attrattiva per moltissimi. Verso gli ultimi anni di questo decennio arrivavano anche da Innsbruck, arrivavano dalla Germania, arrivavano dalla Francia, da Chambery, arrivavano da Grenoble, arrivavano queste persone”.
1956, Fiera di Primiero, Dolomiti (Italia)
La foto è stata scattata da Thomas Klann nel giorno dell’ordinazione sacerdotale di Marco Tecilla e di Alfredo Zirondoli, il 22 novembre 1964.
Chiara Lubich, all’esterno dell’attuale Centro Internazionale a Rocca di Papa sta camminando con un gruppo di focolarini: alla sua destra Marco Tecilla, dietro Vitaliano Bulletti, Alfredo Zirondoli tra Chiara e Pasquale Foresi, primo focolarino sacerdote.Foto © CSC Audiovisivi.
Primavera 1974, con la mamma, Luigia Mariconz, a Rocca di Papa. Trasferitasi da Trento visse a Roma fino alla morte nel 1975.
CHIARA: «La mamma era una donna intelligente, forte, ma anche molto sensibile: nei periodi in cui la famiglia era economicamente sufficiente, la sentivamo spesso cantare. In epoca di ristrettezze soffriva soprattutto per la difficoltà di far studiare noi figli».
(Da una intervista a Chiara Lubich di F. Zambonini, 1991, Città Nuova)
Da una intervista a Chiara Lubich di F. Zambonini, 1991, Città Nuova. Foto © CSC Audiovisivi.
Madre Teresa – scriveva Chiara Lubich nel settembre del 1997 – è una maestra eccelsa dell’«arte di amare».
Amava veramente tutti. Non chiedeva al suo prossimo se era cattolico o indù o musulmano, ecc. A lei bastava che fosse uomo o donna, per riscoprirvi tutta la sua dignità.
Madre Teresa amava senz’altro per prima. Era lei che andava a cercare coloro per i quali era stata inviata da Dio.
Madre Teresa vedeva, come forse nessun altro, Gesù in ognuno: «L’hai fatto a me» era appunto il suo motto.
Madre Teresa si faceva uno con tutti. S’è fatta povera con i poveri, ma soprattutto come i poveri. Ed è qui che si differenzia dalla semplice assistente sociale o dalla dama di carità o da chi è dedito al volontariato.
Non accettava nulla che non potessero avere anche i poveri.(Chiara Lubich, 25 settembre 1997. In Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova 2019, pag. 542)
“È l’anima umana, riflesso del Cielo, che l’artista trasfonde nell’opera, e in questa “creazione”, frutto del suo genio, l’artista trova una seconda immortalità: la prima in sé, come ogni altro uomo nato quaggiù, la seconda nelle sue opere, attraverso le quali si dona nel corso dei tempi all’umanità.” (ScrSp/1, pp. 203-205)
Nella foto, Chiara sfoglia una raccolta di acquerelli e disegni a tecnica mista di Lois Irsara, artista della Val Badia. L’album si trova sulla scrivania del suo studio nella casa a Rocca di Papa
In un’intervista alla vigilia della sua partenza per Istambul, Chiara Lubich, riferendosi al dialogo ecumenico della vita, dell’amore, dice: “[…] siamo cristiani. Andiamo alla base […] Quello che abbiamo in comune è Cristo dentro di noi, perché anche loro sono cristiani. Quello che noi vogliamo mettere fra di noi è tanto amore, tanto amore. Mettendo però tanto amore, cosa succede? Che c’è Cristo in mezzo a noi e Lui è anche la Verità ed essendo la Verità Lui illumina anche sulla verità. Quindi è un contributo anche al dialogo teologico questo dialogo dell’amore” (3 giugno 1984).
Chiara Lubich nel 1984, con Demetrios I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli e il Metropolita Chrysostomos Konstantinides
Chiara Lubich all’indomani dell’elezione a Pontefice di Joseph Ratzinger: “Per la conoscenza diretta che ho di lui, avendo egli doti particolari per cogliere la luce dello Spirito, non mancherà di sorprendere e superare ogni previsione” .
Con il card. Joseph Ratzinger (futuro papa Benedetto XVI), allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Chiara Lubich, a Castelgandolfo l’8 dicembre 1989.
Chiara risponde in modo collettivo a delle lettere ricevute: “Con questa mia intendo ringraziare tutti e tutte quelle che mi hanno scritto…” Il testo integrale è pubblicato in Lettere 1939-1960, a cura di Florance Gillet, Opere di Chiara Lubich, ed. Città Nuova
Originale della lettera del 13 dicembre 1956 ai francesi (stralcio).
Chiara Lubich con Eli Folonari e la sorella Carla alla sua destra, in una foto scattata in Valnerina (Umbria)
In un’intervista ad Oreste Paliotti, ricordando gli anni ’40 a Trento, Carla ricorda: «Noi di casa capivamo che Chiara aveva iniziato qualcosa di suo, un movimento, già dall’andirivieni di ragazze nella casa dove eravamo andati ad abitare dopo quella in via Goccia d’Oro, e più tardi da quelle che si ritrovavano sempre con lei nei rifugi e a piazza Cappuccini, il primo focolare, che però allora si chiamava “la casetta”».
In un’intervista Chiara ricorda: «Io avevo una famiglia molto normale, ognuno naturalmente aveva i propri pensieri però sempre in grande armonia fra di noi. […] mio papà era un socialista, idealista pure lui, era contrario al fascismo, per questo non siamo mai stati ricchi, dapprima sì, ma dopo invece è andata giù la cosa; mentre invece la mamma era una grande cristiana veramente convinta».
(https://chiaralubich.org/postbiografia/1920-nasce-silvia-lubich)
Il 6 giugno 2001, Chiara Lubich incontrava a Trento i suoi concittadini, ai quali presenta l’“ideale” che l’ha portata a lasciare la sua città natale per irradiare nel mondo, con il Movimento dei Focolari, un nuovo stile di vita basato sui valori della spiritualità, della reciprocità e della solidarietà, per contribuire all’unità della famiglia umana.
(Nei Documenti c’è l’audio del discorso e testi in più lingue)
(foto @horacioconde)
Quando Chiara conosce Klaus Hemmerle (1929-1994), nella Mariapoli del 1958, lui era un giovane sacerdote. Di quel primo incontro, Hemmerle ricorda: “Pur non prevedendolo, si schiuse davanti a me la vicinanza e la presenza di Dio in una misura che mai avevo sperimentato prima nonostante i miei intensi studi teologici. Lì per la prima volta ho veramente sperimentato Dio”.
Nella foto, Chiara Lubich con Giuseppe Balbo che, come Frate Minore assume il nome di Andrea, dall’apostolo fratello di Pietro. Chiara, amerà sempre chiamarlo Padre “Novo”: “Dio l’ha chiamata ad essere un vero francescano, lanciato come san Francesco alla conquista del mondo! Lei deve essere un francescano autentico, ma nuovo”.
Padre Giuseppe (Andrea) Balbo incontra per la prima volta Chiara nell’estate del 1953. Chiara gli parla di Gesù nel momento in cui vive il suo abbandono sulla croce. P. Andrea commenterà più tardi ricordando quell’incontro: “Non potevo nemmeno sospettare, in quel momento, quello che via via avrebbe prodotto in me, nella mia anima, nella mia mente assetata d’infinito, ricca di cose immense che costituivano tutta la mia vita; quale e quanto travaglio avrei dovuto passare per riordinare tutto, nella mia vita, alla luce di questo ‘semplice elemento’ che avrebbe messo tutto a soqquadro in me, per parecchi anni, fino a dare un nuovo e radicale assetto alla mia persona. Ci son voluti anni, dico! Credo che questo punto costituisca il fulcro di tutta la mia vita”.Giuseppe Andrea Balbo, Un incontro luminoso, Città Nuova, p. 247-248.
Guardiamo al dono della vita, così come scaturisce nel disegno di Dio. Con questo sguardo potremo comprendere che l’arte della vita coincide con l’arte dell’amore, quell’arte che Chiara ci ha consegnato con la sua vita e il suo insegnamento. È l’amore che fa fiorire la vita e l’amore deve essere la forza che le fa portare a maturazione i frutti.
Chiara nel bosco con Eli e Gis - Lac Miriouges (Crans, Montana - Svizzera) 18 agosto 2001
Se oggi dovessi lasciare questa terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi – sicura d’esser capita nel senso più esatto –: «Siate una famiglia».
Con il cognato Paolo Berlanda e la sorella Liliana - Calceranica al Lago (TN), 01 novembre 1995
Chiara Lubich, 25 dicembre 1973, in «Gen’s», 30 [2000], 2, p. 42
Nel 1955 Chiara Lubich fece un viaggio a Fatima ed incontrò Suor Lucia. “Stavolta – dicevamo – abbiamo la gioia di visitare uno strumento di cui Dio si è servito. […] Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa alcuna, colla semplicità d’una bambina. Per toglierla dall’imbarazzo del suo silenzio, parlammo noi. Narrammo i nostri desideri di diffondere lo spirito dell’unità cristiana, ravvivando la carità reciproca fra gli uomini, soluzione meravigliosa a tanti problemi che travagliano la società e gli individui. […] Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata, soprattutto in alcuni momenti; al termine del colloquio, ci salutò come una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci seguì con lo sguardo finché scomparimmo”
www.cittanuova.it
Con Igino Giordani (Foco), Pasquale Foresi ed Elena (figlia della marchesa Pacelli) nel piazzale del Santuario di Fatima Fatima (Portogallo), 8-12 settembre 1955
A fine anni ’50, nella provincia di Lebialem (sud-ovest del Camerun) la terra dei Fon (i re), la malattia del sonno sta decimando i Bangwa. La mortalità infantile tocca il 90%. Gli déi sembrano non udire le suppliche del popolo, così il Fon Defang di Fontem, spronato dalla sua gente, si rivolge al vescovo di Buea perché anche i cristiani preghino il loro Dio. Nel ’62, monsignor Julius Peters, a Roma per il Concilio Vaticano II, conosce Chiara Lubich. Da lì a poco i primi quattro focolarini medici partono per Fontem e vengono accolti come “uomini di Dio”. Nel ’66 Chiara Lubich visita per la prima volta Fontem: «Ho avuto quest’intuizione: come se Dio ci abbracciasse tutti insieme, noi focolarini e tutta questa tribù. Lì è nata per la prima volta in me l’idea che noi avevamo a che fare con il dialogo interreligioso, con quelli di altre religioni».
Il centro ecumenico di Ottmaring, che sorge a dodici chilometri dalla città di Augsburg dove fu ratificato ufficialmente il protestantesimo nel 1530 con la “Confessio augustana”, ha avviato una convivenza ecumenica da parte di alcuni cattolici ed alcuni evangelici appartenenti al Movimento dei Focolari e delle Bruderschaften vom gemeinsamen Leben (Fraternità di vita comune), con l’obiettivo di rendere più visibile l’unità dei discepoli di Cristo.
Chiara Lubich all’inaugurazione della Cittadella ecumenica di Ottmaring (Germania) il 23 giugno 1968
Antonio (Toni) Salmaso, nella foto con Chiara, ricorda: “credo che la foto sia stata scattata nel gennaio 2001: è stato un momento molto speciale. Vivevo in un focolare dei Castelli Romani e un focolarino che abitava con me, aveva parlato a Chiara di me dicendole che ero un pittore, suggerendole di vedere i miei lavori. Un giorno ricevo una telefonata per conto di Chiara. Mi veniva proposto di allestire una mostra dei miei quadri. Preparai tutto e venne il giorno in cui mi trovai con lei in mezzo a tutti i miei lavori esposti. Chiara mostrò molto interesse, faceva molte domande e ricordo che mi disse ‘io di arte non ne capisco molto, ti posso dire quello che mi piace di più’. Alcuni lavori gli piacevano molto, altri li capiva meno e mi incoraggiò a continuare nella mia ricerca perché diceva: ‘si vede che hai passione’. È stata l’occasione per me, per dirle grazie. Grazie dell’Ideale che ci ha donato e dell’amore di Dio che mi ha fatto scoprire. Un momento che resterà per sempre nel mio cuore”.
Siamo nella seconda metà del ‘900. Una gravissima epidemia della malattia del sonno, è responsabile di una mortalità infantile stimata al 90% dei bambini al di sotto dei dieci anni. Di fronte alla drammatica situazione, nel 1964 il re di Fontem (paese nel nord-ovest del Camerun) chiede aiuto al vescovo della zona, che a sua volta si rivolge a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. In risposta vengono inviati in Africa medici, infermieri, ingegneri civili e tecnici per un pieno sviluppo del villaggio. Ha inizio così la storia, davvero straordinaria, di Fontem.
18 giugno 1966, Chiara Lubich a Fontem (Camerun)
Chiara Lubich visita una sola volta la Terra Santa nel marzo del 1956. Vi arriva con alcuni focolarini
Nella foto, un gruppo fuori dalle mura di Gerusalemme: p. Andrea Balbo (Novo), p. Angelo Beghetto, p. Pavel Hnilica, Chiara Lubich, Vittoria Salizzoni, Giulia Folonari, Guido Mirti (seduto a terra)