Mentre compie un atto d’amore, di quelli semplici che si possono fare in famiglia, Chiara sente in cuore: “Datti tutta a me”. È la chiamata esplicita di Dio a seguirlo
Come tutte le altre, anche la mia vocazione è quella di una persona invitata anzitutto a condividere con Dio la sua vita, nello sforzo di perfezionarmi (“Siate perfetti” ha detto Gesù), e poi di una persona chiamata a concorrere a fare dell’umanità una sola famiglia.
All’inizio io non sapevo nulla di ciò che sarebbe successo nella mia vita, né avevo alcun progetto. È Dio, infatti, che chiama, è Lui che sceglie. Non voi avete scelto me, ma io voi (Cfr. Gv 15,16), ha detto Gesù. E ha fatto così anche con me, anche se debole e fragile come tante ragazze del tempo, ed ha attuato il suo piano gradualmente[1].
Molto prima che si potesse presagire la nascita di un Movimento a Trento, nella vita di Chiara si verificano alcuni singolari episodi che lei considera premonitori di ciò che è avvenuto in seguito. Il primo episodio che di solito racconta, risale a quando andava alle scuole elementari e frequentava l’oratorio femminile delle suore di Maria Bambina. Suor Carolina l’accompagnava settimanalmente, con le altre bambine, all’adorazione Eucaristica. Davanti l’Ostia, con le parole di una preghiera spontanea, chiedeva dammi la tua luce ed il tuo amore, come se attraverso i suoi occhi, potessero entrarle nell’anima la luce e l’amore di Dio. Luce e amore che hanno poi caratterizzato la vita spirituale mia e di molti, afferma Chiara.
Crescendo, Chiara continua a frequentare gli ambienti dove può trovare giovamento per la fede e la pratica religiosa che voleva approfondire: partecipa con entusiasmo, per esempio, alle attività organizzate per i giovani dall’Azione Cattolica e si inserisce nel terz’ordine francescano. Dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Magistrale, Chiara desidera proseguire gli studi, le interessa la filosofia e si orienta per l’iscrizione a un’università cattolica perché vuole conoscere Dio. Tuttavia, non rientrando tra i beneficiari di una borsa di studio, per la precarietà delle condizioni economiche della famiglia, non lo può fare. Quando Chiara ne parla, racconta di questo, come di un momento di grande dolore. In cuor suo, però, sente una rassicurazione che la consola, rasserenata completamente: sarò io il tuo Maestro. Più tardi, quando lo Spirito ha cominciato ad illuminarmi con un suo preciso carisma, un suo dono dato per il bene della Chiesa, ho compreso quella frase.
Si iscrive all’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’autunno del 1943, continuando a dare lezioni private, ma interrompe gli studi alla fine dell’anno successivo a motivo della guerra.
Un evento significativo, per quanto riguarda la sua personale vocazione, risale al 1939.
A 19 anni mi sono recata a Loreto, nel centro Italia, per seguire un corso di studenti cattoliche.
Ed è stato lì, nella “casetta”, attribuita alla Famiglia di Nazareth, che sono stata presa da una profonda commozione, come se il “divino” quasi mi schiacciasse. E ho avuto le prime idee su un particolare della mia vocazione rivolto ad aprire una nuova strada nella Chiesa per chi fosse stato desideroso di donarsi a Dio; una via che s’ispirava proprio alla straordinaria convivenza di Maria e Giuseppe con Gesù fra loro: il Focolare.
È stato lì ancora che, anche se sola, ho avuto la convinzione che sarei stata seguita da una schiera di vergini[2].
Ormai giovane maestra all’Opera Serafica a Cognola di Trento, un giorno, la sua lezione viene interrotta da un sacerdote che le chiede di offrire un’ora della sua giornata per le sue intenzioni. Chiara risponde con grande generosità, offrendo tutta la sua giornata, non solo un’ora. Colpito da questo slancio giovanile, il sacerdote fa inginocchiare Chiara per benedirla: mi benedice e mi dice: “Si ricordi che Dio la ama immensamente”. È la folgore. “Dio mi ama immensamente”. “Dio mi ama immensamente”. Lo dico, lo ripeto alle mie prime compagne: Dio ti ama immensamente. Dio ci ama immensamente.
[…] Da quel momento scorgo Dio presente dappertutto con il Suo amore: nelle mie giornate, nelle mie notti, nei miei slanci, nei miei propositi, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, scabrose, difficili […] E mi sostiene e mi apre gli occhi su tutto e su tutti come altrettanti frutti del suo amore. La conversione è avvenuta. La “novità” è balenata dinanzi alla mia mente: so chi è Dio. Dio è Amore[3]. Quel sacerdote non poteva immaginare che nell’anima della giovane maestra, le sue parole producessero una tale risonanza. Una luce sottile entra piano e illumina la sua anima, il suo pensiero. Padre Casimiro[4], il Cappuccino che le fa anche da padre spirituale, si trova inconsapevolmente ad essere uno strumento dell’azione dello Spirito Santo, testimone privilegiato di alcuni dei primi e fondanti avvenimenti che manifestano l’azione del carisma donato da Dio a Chiara.
Probabilmente nella seconda metà del novembre 1943, in una fredda mattina, Chiara si offre per andare a prendere il latte in una località distante un paio di chilometri da casa, al posto delle sorelle. Non dev’essere priva di significato la sottolineatura che Chiara fa tutte le volte che racconta questo fatto, mentre compivo un atto d’amore verso mia madre, con cui pone l’accento sull’amore che rende capace di accogliere il manifestarsi di Dio, e fa spesso riferimento all’espressione evangelica “a chi mi ama… mi manifesterò” (Cfr. Gv 14,21). Avverte in cuore: “Datti tutta a me”. Era la chiamata, esplicita. La chiamata di Dio a seguirlo.