Novembre 1957

MEDIA E ALLEGATI

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Ricordando Fatima

Roma, 1958

Era il settembre 1955 quando un’occasione veramente eccezionale ci procurò la fortuna di incontrare Suor Lucia di Fatima, la bimba, ormai grande, che vide la Madonna.
Partimmo in aereo sorvolando l’Italia, la Francia, la Spagna, di cui ammirammo nella notte, come un gioiello appuntato in un abito nero, la vezzosa Madrid, dai variopinti colori.
Finalmente a notte inoltrata si atterrò a Lisbona.

Il mattino dopo ci presentammo in Arcivescovado per i dovuti permessi e poi alla Nunziatura ed in una giornata di sole, con un cielo immacolato, una lunga macchina nera ci condusse in poche ore a Coimbra.
Ricordiamo poco di quel viaggio tanto amato, disteso fra 1’8 settembre, nascita di Maria, ed il 12, nome di Maria.
Forse perché il cuore era sempre lì nella Cova da Iria, dove la Madonna porse il suo messaggio al mondo, o accanto alla tomba di Francesco e Giacinta, che sta salendo all’onore degli altari, o più ancora vicino a suor Lucia, che sapevamo di poter incontrare per davvero.
“Stavolta – dicevamo – abbiamo la gioia di visitare uno strumento di cui Dio si è servito.
Pur non essendo di fede le rivelazioni di Fatima, qui non ci sono dubbi.
Roma ha confermato le apparizioni e le parole di tre bambini hanno suscitato nella Chiesa una ricchezza mirabile, una nuovissima devozione.
E anche il Papa Pio XII ha consacrato il mondo e la Russia al cuore immacolato di Maria!”.
A Coimbra cercammo il monastero dove suor Lucia vive in clausura.
Fummo condotti in un parlatorio.
Un sacerdote ci avvertì di non far domande alla suora, perché aveva l’obbligo di non rispondere.
S’aprì una tenda di là d’una grata e finalmente comparvero due suore: la superiora e suor Lucia.
Di statura piccola, un visetto tondo, occhi grandi neri, una faccia spagnola, che ricordava la piccola Lucia apparsa nel film americano “Nostra signora di Fatima”.
Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa alcuna, colla semplicità d’una bambina. Per toglierla dall’imbarazzo del suo silenzio, parlammo noi.
Narrammo i nostri desideri di diffondere lo spirito dell’unità cristiana, ravvivando la carità reciproca fra gli uomini, soluzione meravigliosa a tanti problemi che travagliano la società e gli individui.
Descrivemmo gli effetti positivi sulle anime, per l’attualità di questo spirito improntato al testamento di Gesù, “perché tutti siano una cosa sola”, che interessa piccoli e grandi, dotti e ignoranti, poveri e ricchi.
Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata, soprattutto in alcuni momenti; al termine del colloquio, ci salutò come una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci seguì con lo sguardo finché scomparimmo.

Ed oggi è vivo come allora quell’incontro.
Ella non aveva potuto parlare, ma non era nemmeno riuscita a trattenere il suo interesse per il nostro racconto.
A che pensasse suor Lucia quando si faceva particolarmente attenta noi non lo sappiamo.
Solo ci è noto come a Fatima la Madonna volle la consacrazione al suo cuore immacolato che un giorno, a Dio solo noto, finalmente trionferà.

(da: Pensieri, Città Nuova, Roma 1961, pp.111-113)

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