Una vocazione
Per descrivere la vocazione alla vita in focolare, occorre riferirsi ad una storia e a Chiara Lubich, pietra miliare da cui ha avuto origine una nuova strada che, prima di lei, non c’era.
Tutto è cominciato un martedì, vigilia della festa dell’Immacolata Concezione di Maria. Ciò che sarebbe stato, dopo quel 7 dicembre, non era di certo immaginabile da Chiara. Da quel “sì” è nata una Famiglia, una nuova Opera di Dio, che abbraccia donne e uomini, cristiani cattolici e di altre confessioni, di religioni diverse e quanti, pur non riconoscendosi in una fede religiosa, vogliono concorrere alla realizzazione di un mondo più unito, più giusto, di pace.
Per Chiara, il 7 dicembre 1943, rimane il giorno in cui ha sposato Dio.
Nella famiglia di Luigia e Luigi Lubich di Trento (nel nord Italia), Dio chiama in modo tutto particolare la seconda dei loro quattro figli.
Mentre compie un atto d’amore, di quelli semplici che si possono fare in famiglia, Chiara sente in cuore: “Datti tutta a me”. È la chiamata esplicita di Dio a seguirlo
Il 7 dicembre 1943, Chiara Lubich si consacra a Dio. Il confessore, prima di quell’atto, le chiede ancora: “Allora è per sempre?”. Chiara risponde: “Sì”
Io mi sposavo. Sposavo Dio. Così Chiara Lubich racconta la sua consacrazione a Dio del 7 dicembre 1943
Un volo in Dio, a cui si abbandona come un bambino in braccio alla madre (Cfr. Sal 131), una bambina evangelica che pone tutta la sua fiducia nel Padre che è Amore.
Chi risponde offrendo la propria vita a Dio, è chiamato ad una relazione tra contemplazione e azione, in equilibrio, essendo nel mondo ma non del mondo.
Rispondere a Dio nella via dell’unità. “Noi non volevamo mai essere un convento, noi volevamo essere in mezzo al mondo. Noi eravamo sorelle.”
Attenta alle necessità che il mondo presenta, quella del focolare è una vita semplice, intima e aperta, di unione e relazione, con Dio e col prossimo.