Essere uno col fratello
Trento, 1950 Chiara è invitata a dare conto di ciò che, sotto la sua spinta, aveva messo a rumore – con qualche sospetto, dubbio e accusa – il pacifico capoluogo trentino e già si estendeva alla penisola. Scrive quello che fu chiamato ‘il trattatello innocuo’, da cui è tratto il testo che segue Esser uno col fratello voleva dire dimenticarsi assolutamente, per sempre. Non ritrovarsi mai più. Era perdere tutto anche la propria anima, per vivere i dolori e le gioie dell'altro onde mostrare a Gesù il nostro amore: esser crocefissi con Lui vivo nel fratello e con Lui esser gioiosi.Il fratello era il nostro convento dove l’anima doveva sempre radunarsi. Il fratello era la nostra penitenza, le mortificazioni, perché l’amarlo richiedeva la morte completa dell’io... E vedevamo che questo "entrare" nel fratello portava la rinascita del fratello. La carità sola conta. E così, sentendoci peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato, scomunicato col fratello scomunicato, la Vita che era in noi passava a lui ed